Il sogno di Uriel e Yoni in campo a Haifa con l’idolo Dybala

DiGiulia Sonnino

Lug 31, 2022

Il Roma club Gerusalemme al lavoro coi Friedkin per aprire la prima Academy in Israele della squadra giallorossa

HAIFA – L’immagine più bella del match tra Roma e Tottenham, la penultima amichevole estiva disputata ieri sera a Haifa, ce la restituisce il sorriso di due fratelli: Uriel e Yoni. Dieci anni il maggiore, 7 il più piccolo. Per entrambi il sogno, comune a tanti coetanei, di diventare da grandi delle stelle del calcio, come Paulo Dybala, il loro giocatore preferito, che proprio in quest’occasione ha esordito pubblicamente in giallorosso, saziando per poco meno di un’ora, l’appetito dei tifosi che attendevano da settimane questo momento.

Uriel e Yoni due dei ragazzi che hanno accompagnato la Roma in campo

Per adesso i due ragazzi in campo ci sono scesi al fianco dei loro paladini, accompagnando la squadra al suo ingresso sul manto verde. A regalare ai due fratelli la possibilità di vivere quest’esperienza è stato il Roma Club Gerusalemme, una Onlus nata alla fine degli anni ’90 grazie a un gruppetto ristrettissimo di tifosi romanisti trasferitisi a vivere in Israele e che, nel tempo, ha ampliato la sua attività fino a creare un’Academy, che oggi conta circa 150 ragazzi. Uriel è stato il più fortunato tra loro, aggiudicandosi la discesa in campo (e trascinando con sé “ a forza” il fratellino), ma a tutti i suoi giovanissimi iscritti la scuola calcio ha voluto regalare il biglietto per seguire la partita dal vivo. E così la curva sud del Sammy Ofer Stadium si è colorata di centinaia di bandierine con la lupa, gli unici monili ai quali è consentito l’accesso allo stadio, visti i rigidissimi protocolli di sicurezza in vigore in Israele, che spesso impediscono di introdurre persino un semplice striscione.

La coreografia dei tifosi della Roma in occasione dell’amichevole contro il Tottenham

I supporter della Roma si sono spostati da tutto il paese per raggiungere il suggestivo impianto sportivo alle pendici del Monte Carmel. In molti, tra gli ebrei più praticanti, erano arrivati in città già da venerdì, per rispettare il divieto di viaggiare durante lo Shabat – il giorno di riposo settimanale – previsto dai dettami religiosi. 

Ma le iniziative del Roma Club Gerusalemme per avvicinare i giovani israeliani al calcio non si fermano alla tifoseria: “Nel 2018 – racconta Samuele Giannetti, vicepresidente dell’organizzazione – abbiamo firmato un contratto di partnership con la società, all’epoca ancora di proprietà di James Pallotta, per organizzare quattro ASRoma Camping in Israele. Siamo riusciti a farne soltanto due. Poi, tra pandemia e cambio di proprietà, il progetto è andato in stand-by, ma stiamo riallacciando i rapporti con la nuova proprietà per organizzare verso fine anno un altro camping e soprattutto riprendere un progetto che era già ben avviato e che ci sta molto a cuore: dar vita alla prima Academy ufficiale della ASRoma in Israele”. 

Un’Academy ovviamente di carattere sportivo, ma con un’anima sociale e un obiettivo preciso: l’inclusione. Da noi – continua Giannetti – bambini cattolici, ebrei, musulmani, drusi, di origine armena e sudanesi giocano assieme. Non c’è discriminazione, in campo sono tutti uguali ed è questo il concetto generale che portiamo avanti, contro qualsiasi tipo di discriminazione, e che cerchiamo di trasmettere con forza ai nostri ragazzi”.

Eppure proprio alla vigilia di quest’amichevole, Amnesty Italia ha inviato alla Roma un rapporto su quella che nel documento viene definita l’”apartheid” di Israele contro i palestinesi. “Ognuno ha diritto di poter manifestare per o contro quello che vuole – il commento del vicepresidente della Onlus – ma purtroppo c’è tanta ignoranza sul tema, nel senso stretto della parola: non si conoscono i fatti. Quando recentemente siamo venuti a Roma, con una trentina dei nostri allievi, abbiamo incontrato anche squadre del Marocco e dell’Oman. In queste occasioni due ragazzi palestinesi del nostro gruppo hanno iniziato a parlare in arabo con i compagni delle altre squadre e nessuno di loro riusciva a credere che in Israele ci fossero dei palestinesi e che fossero così integrati. Per noi questa è una realtà, non una balla. Si possono dire tante cose contro Israele, ma di sicuro non si può parlare di Apartheid”.

A Roma però da quando si era saputo di quest’incontro, si era alzato un clima di dissenso, con numerose manifestazioni davanti ai Roma Store e scritte e striscioni contro Israele fuori da Trigoria e sui muri della capitale firmati dallo storico gruppo dei Fedayn della Curva Sud. 

“Da noi la politica non entra nello sport, è la cosa peggiore che possa succedere. Questo match viene giocato qui soltanto perché c’è dietro un semplice accordo commerciale. La Roma ha venduto i diritti televisivi, di immagine, di pubblicità a un’importante società  per azioni israeliana, è un evento prettamente commerciale, non c’è niente di politico”, ha concluso Giannetti. 

Sembra pensarla così anche il ministro del Turismo israeliano, Yoel Razvozov, che, in occasione della visita della squadra al Muro del Pianto, ha ribadito l’importanza di eventi sportivi come questo per far conoscere al mondo anche il bello di Israele, augurandosi che queste amichevoli – nel calendario estivo del  paese anche Paris Saint Germain-Nantes  e Juventus-Atletico Madrid –  diventino una tradizione consolidata.
Del resto, che Israele ambisca a diventare protagonista del calcio internazionale non è  un mistero. Lo stesso presidente della FIFA, Gianni Infantino, aveva a ottobre lanciato un suggerimento quantomeno suggestivo: un Mondiale 2030 giocato tra Israele e Emirati Arabi. Dopo il Qatar e con la firma degli Accordi di Abramo, niente sembra più essere impossibile.

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